Rubo il titolo di oggi a Gertrude Stein, tra giochi di identità e analogie, per esprimere un concetto che mi gira in testa da quando sono qui.
Come spiegare nel blog che quello che vivo e sperimento qui, assomiglia a quello che ho sotto il naso tutti i giorni in Europa (la vita di famiglia, gli amici, l’ottimo cibo, il rumore dei grilli, i giri in macchina, etc.) ma non è la stessa cosa?
Non do irrilevanti giudizi di merito, ma vorrei solo mettere “su carta” quella strana sensazione che mi pervade ogni volta che arrivo in questo paese.
Ho deciso quindi di provare a darne un’idea oggi con un esempio.
Sapete come chiamano i giapponesi il cioccolato?
チョコレート
Ovvero traslitterando, con il loro alfabeto sillabico, in ‘CYO-CO-REE-TO’ la parola inglese ‘chocolate’
Dove sto andando a parare?
Quasi tutto quello con siamo abituati a convivere ogni giorno, esiste anche qui. Però ha una forma, un aspetto e un sapore diverso. Ogni idea e ogni concetto è reinterpretato, direi traslitterato usando un alfabeto (interiore) diverso. Quello che ne esce è quindi vagamente simile a quello che conosciamo, ma tipicamente e inconfondibilmente giapponese, come la parola CYO-CO-REE-TO.
Insomma qui è divertente, si sta bene, e a furia di guardare, pensare e riflettere si capisce tanto di se stessi.







mi piace la tua parentesi giapponese perché ci ritrovo le riflessioni che feci anche io nel 2010 nel mio mese lì.
anche se la mia preferita è “vino” – wain per tutti 🙂