«[…]to the extent that Kate is not motivationally unique, she can be all of us, and the empty diffraction of Kate’s world can map or picture the desacralized & paradoxical solipsism of U.S. persons in a cattle-herd culture that worships only the Transparent I, of guiltily passive solipsists & skeptics trying to warm soft hands at the computer-enhanced fire of data in an Information Age where received image & enforced eros replace active countenance or sacral mystery as ends, value, meaning, etc.»
– David Foster Wallace (The Empty Plenum: David Markham’s Wittgenstein’s Mistress)

NY Public Library
Il guaio di questi giorni di festa è che si ha tempo di pensare, di riflettere sulla distanza tra un mercoledì mattina passato a casa a bere cappuccino, mentre fuori piove, e i sogni di una vita spesa a fare qualcosa di utile, valoroso, combattivo, o per lo meno avventuroso.
Ma – per non passare per un guiltily passive solipsist & skeptic intento a scaldarmi le mani al calore del mio blog – ci tengo a precisare che mi rendo conto di quanto questo non sia un problema solo mio, ma come intuì Schopenhauer: Il desiderio (di tutti) è futile, illogico, senza direzione (così come qualsiasi azione) e, di conseguenza, fonte di sofferenza e confusione.
Quindi? Ascetismo, castità e tazze di pigro cappuccino caldo fino alla fine dei nostri giorni?
Bah.
Non mi ci rassegno.
Sto seduto qui con addosso la mia maglia degli Yankees (che mi accompagna da anni), ascolto un po’ di Ska giapponese (ebbene sì, esiste, vedete sotto) e cerco di decidere la meta di un prossimo viaggio. Non importa dove, basta che sia un posto lontano, futile, illogico e senza senso.

Perfect future