Oggi è una di quelle domeniche fredde e indolenti, dove prevale l’insofferenza e la voglia di mollare tutto e scappare.
Nulla sembra quadrare e il lunedì incombe come una pesante nube minacciosa.
In queste settimane di corse di lavoro mi sembra di non avere più tempo per le cose importanti e di assomigliare sempre di più tristemente ai “borghesi parigini” descritti da Balzac:
“Senza bere l’acquavite come l’operaio, senza avvoltolarsi nel fango dei bassifondi, pure tutti vanno oltre le loro forze, tendendo oltre misura corpo e anima, disseccandosi nei desideri, sfibrandosi in corse precipitose. In essi la torsione fisica si compie sotto la sferza degli interessi, sotto il flagello delle ambizioni che tormentano le classi elevate di questa mostruosa città, allo stesso modo che quella dei proletari si è svolta sotto il crudele bilanciere delle elaborazioni materiali continuamente volute dal dispotismo dell’io voglio aristocratico. Anche là dunque per obbedire a questi due supremi padroni che sono l’oro e il piacere, bisogna divorare il tempo, incalzarlo, trovare disponibili più di ventiquattro ore al giorno, snervarsi, uccidersi, vendere trent’anni di vecchiaia per due anni di riposo illusorio.”
Mi consolo come al solito con i sogni.
Se guardo il calendario mancano ormai solo una quarantina di giorni alla partenza per Tokyo.
Lo so che è solo una fuga illusoria, ma pur sempre una fuga rimane.
Chiudo gli occhi, stringo i denti e aspetto fiducioso.
Nel frattempo vi regalo quindi una foto a me molto cara di uno dei primi viaggi in oriente con l’amico Peppe ormai tanti anni fa.
Eravamo più giovani, ma dentro non siamo cambiati.

E visto che il tema di oggi è l’attesa (ma forse l’attesa non è il tema di tutte le nostre vite?) non resisto e riporto queste righe di Melville (non vi preoccupate, sono a pagina 320, tra un po’ smetterò di tediarvi con Moby Dick).
“E ancora: come la calma profonda che soltanto in apparenza precede e predice la tempesta è forse più spaventosa della tempesta stessa, poiché di fatto essa è soltanto l’involucro, la busta della tempesta, e la contiene dentro di sé come il fucile apparentemente innocuo contiene la polvere, la pallottola e l’esplosione fatale, così l’aggraziato riposo della lenza, dov’essa silenziosamente s’abbiscia in mezzo ai rematori prima che venga messa in azione, quest’immobilità incute più reale terrore di qualunque altra parvenza nella pericolosa faccenda. Ma che più? Tutti gli uomini vivono ravvolti in lenze da balena. Tutti sono nati con capestri intorno al collo; ma è solamente quando vengono presi nel rapido, fulmineo giro della morte, che i mortali diventano consci dei muti, sottili, onnipresenti pericoli della vita. E se voi foste un filosofo, sebbene seduto in una lancia baleniera non sentireste in cuore un briciolo di terrore più che seduto davanti al vostro fuoco serale con un attizzatoio, e non un rampone, accanto.”

La foto di Tokyo con la neve….non so dirti che sentimenti mi provoca. Bellissima.
Dai che i giorni volano, ti potrai godere la fuga prestissimo.
Io sono per il voglio tutto.Mi costa una marea di frustrazione accettare i compromessi di questa era.E ormai non mi bastano più nemmeno le fughe vacanziere, mannaggia come sono fatta male!
Sai che con la mia indole nietzschana sfondi una porta aperta parlando di “voglio tutto”….
Viva lo spirito dionisiaco!!
Sììììì, o vittoria o morte ! Hem…domani intanto andiamo al lavoro……