Let your laughter fill the room

Ho discusso tante volte con Mai in questi anni, e il colore dei semafori è stato uno dei tanti nostri campi di battaglia.

Oggi, durante il nostro giro da IKEA per comprare un po’ di cose per la casa al mare, si è riaccesa una guerra mai sopita.

Pensavo fosse una semplice manifestazione della sua solita accattivante follia quando mi diceva “Vai, parti, il semaforo è diventato BLU”.

I miei tentativi di avere una spiegazione hanno sempre dato scarsi risultati. Le chiedevo “Ma in Giappone la luce blu, invece del verde, indica che si può passare?”

Mi sono sempre sentito rispondere “No, anche da noi sono verdi, però in Giappone diciamo che la luce è blu… Adesso però guida e stai attento al traffico”.

A quel punto balbettavo qualcosa di sconnesso e poi tacevo, ingranando la prima.

Mai, oggi da IKEA nel reparto lenzuola

Già sapete della mia decennale guerra contro il mondo dei colori (link), e visto che la mia personale ricerca della verità mi ha sempre portato a dubitare delle certezze, ho deciso di indagare.

Ho quindi scoperto che esiste una intera pagina di wikipedia dedicata al tema “Distinguishing blue from green in language” (link). Pare infatti che la distinzione linguistica tra i due colori sia diversa per ogni lingua, ed in molti casi assolutamente nulla. ad esempio:

“The Japanese word ao (n., aoi (い, adj.) can refer to either blue or green depending on the situation.”

Depending on the situation!
La mia vittoria! L’ennesima!

“L’occhio umano è dotato di due tipi di cellule fotorecettive: i bastoncelli e i coni. Le cellule cono si raggruppano nella fovea, l’area centrale della retina. Fuori dalla fovea la densità dei coni diminuisce, e a predominare sono i bastoncelli. I coni sono responsabili dell’acuità visiva e della percezione dei colori, ma funzionano in modo ottimale soltanto in condizioni di luce intensa. Quando i livelli di luce calano, l’occhio passa a servirsi dei bastoncelli.

In situazioni di scarsa luminosità le cellule bastoncello lavorano in piena efficienza. Ciò nonostante non percepiamo i colori – solo il bianco, il nero e la scala di grigi tra l’uno e l’altro. La scala di grigi è la loro approssimazione al colore: ghosting in, «l’effetto fantasma» è il nome dato dagli studiosi di ottica al risultato della percezione dei bastoncelli. E’ per questo motivo che al chiaro di luna il mondo appare privo di colore, e affida invece la propria espressione a sfumature sottili ma malinconiche.”

Il nostro carrello, con stendino nuovo, piatti, bicchieri, apple cider e patatine svedesi

Forse quindi tutto dipende dalla luce sotto cui vediamo le cose.
E io sono sempre stato convinto del fatto che un po’ più di buio farebbe bene a tutti.

“Nottambulismo vuol dire camminare di notte, e l’etimologia ci dà il permesso di farlo tanto dormendo quanto da svegli. In genere chi va in giro di notte si muove in cerca di malinconia, o meglio, di quel particolare tipo di malinconia che stimola l’immaginazione. Franz Kafka scriveva che quando passeggiava di notte si sentiva come un fantasma tra gli uomini: «privo di peso, di ossa, di corpo».

[…]

L’Homo Sapiens si evoluto come una specie diurna, che dà il meglio di sé alla luce del sole, poco adatta a destreggiarsi di notte. E’ uno dei motivi che ci hanno spinto a escogitare sistemi raffinati per illuminare le nostre vite, per neutralizzare i diritti accampati dal buio, per contrastare il ritmo circadiano.

Nelle aree modernizzate della terra l’enorme diffusione dell’illuminazione artificiale produce un superflusso luminoso facilmente visibile dallo spazio. Questa luce, inadeguatamente direzionata, si propaga verso l’alto e si disperde nell’aria in piccole particelle – come gocce d’acqua o granelli di polvere –  fino a formare una foschia di fotoni chiamata sky glow, o luminescenza celeste.

Le stelle, non potendo competere con lo strapotere del bagliore terrestre, restano spesso invisibili, perfino nelle notti senza nubi. Le metropoli vivono in un eterno crepuscolo di vapori di sodio. I cieli della città si tingono di arancio. Le emanazioni luminose sconvolgono anche la natura. Gli uccelli migratori urtano gli edifici illuminati, che scambiano per cieli diurni. Gli schemi che presiedono alla caduta delle foglie e alla fioritura degli alberi – riflessi determinati dalle percezioni della lunghezza del giorno – risultano falsati. Il numero delle lucciole diminuisce, perché i led luminosi con cui attraggono i compagni non sono più abbastanza brillanti da vedersi di notte.”

Quindi AVE al buio, alla luna, al silenzio, alla solitudine.
Magari non per sempre, ma per aver tempo e modo di riflettere un po’, finalmente.

“Nelle notti in montagna ci rendiamo conto, con una consapevolezza che ci è impossibile quando siamo in città, che il mondo è antico e inquieto, e che la luce, il tepore e l’amicizia sono cose buone”

(Edward Thomas, 1878 – 1917)

Chotto che passa il Rubicone

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