“La vista del cielo stellato mi dà la nausea. A malapena lo sopporto ridotto in formule matematiche, disse Albert Einstein”
Mentre si festeggia la nascita (ieri) del piccolo Alberto, io mi unisco agli auguri e lo inserisco di diritto nella chottocommunity!
Ricordando al giovane padre che ne aspettiamo tutti le foto…
Questo febbraio finisce in un vortice caotico di lavoro e di chilometri in treno tra varie città.
Sperando che le poche ore di sonno e i calici di san giovese non abbiano la meglio su di me, cerco di riprendere forze e lucidità mentale nel weekend.

Forse non sarà di grande aiuto lo strano libro che ho preso nella bellissima Libreria del Mondo Offeso (che consiglio a tutti), “Lo spazio sfinito”, una visione distorta e immaginaria degli anni 50.
“Sono stato io a fare tutto, sono stato io ad andare e tornare, sono stato io che mi sono addolorato e lamentato. Un giorno di inizio estate del 1956 Jack Kerouac, dopo aver detto a se stesso queste parole, stabilì che era finalmente giunto il momento di trovarsi faccia a faccia con il grande Vuoto.”
E così finisce a bordo di una navetta spaziale che orbita la terra in cerca di quel senso della vita che andava cercando.



Tra una passeggiata e l’altra guardo il cielo che regala qualche raggio di sole e visto che Roma in fondo mi manca, vi dedico questi versi, ovviamente non miei, ma che sono sicuro apprezzerete
So’ na montagna… se Maometto nun viene…
mejo… sto bene da solo, er proverbio era
sbajato. So’ l’odore de tappo der vino che
hanno rimannato ‘ndietro, so’ i calli sulle
ginocchia di chi ha pregato tanto e nun ha mai
avuto. E ce vo’ fegato…
So’ come er vento… vado ndo me va…
vado ndo me va…
ma sto sempre qua.
So’ er buco nero der dente cascato ar soriso
della fortuna e la cosa più sfortunata e
pericolosa che mè capitata nella vita è la
vita, che una vorta che nasci, giri… conosci…
intrallazzi… ma dalla vita vivo nunne esci…
uno solo ce l’ha fatta… ma era raccomannato…
Io invece nun cho nessuno che me spigne
mejo…’n se sa mai… visti i tempi…
